The passengere. Napoli
anno: 2021
pag. 192
Negli ultimi anni Napoli ha vissuto una sorta di ipernarrazione, soprattutto cinematografica e letteraria, che ha ulteriormente arricchito un immaginario già molto sedimentato. Da sempre il pendolo oscilla come impazzito tra picchi e depressioni ed è difficile farsi un’idea, fare una media, immaginare una normalità napoletana, ammesso che esista. Qual è il bilancio di questa stagione, in cui Napoli è stata la città più filmata d’Italia? Dove cercare questa agognata normalità? Forse bisogna «salire» al Vomero, un quartiere considerato quasi estraneo alla città, proprio perché si suppone sia «normale», abitato da una media borghesia, omogeneo, appacificato?
Una realtà in contrasto con la vita sopra le righe del centro storico, attraversato da mille stratificazioni – architettoniche, storiche e sociali – eppure anche lì esiste una chiave di lettura alternativa: il centro, con la sua città sotterranea e la metropolitana dell’arte, come modello virtuoso di coabitazione tra antico e moderno e non solo come ennesima variazione di un eccezionalismo esotico. All’odissea di Bagnoli, che da trent’anni attende che prenda vita uno dei mille progetti di riqualifica della sua area industriale si contrappongono i campus all’avanguardia della ex Cirio a San Giovanni a Teduccio, che hanno una ricaduta positiva sul territorio, come è accaduto anche al settore cinematografico con le sue tante produzioni nei quartieri più difficili.
Un caso di grande successo è quello di Fanpage, che si è imposta come testata giornalistica altamente innovativa e rappresenta una Napoli che attrae talenti, invece di farseli sfuggire, che esporta modelli, che colonizza invece di essere colonizzata. Anche sul piano governativo, la «città-stato» e i suoi «sindaci monarchi» si presentano come un laboratorio politico che spesso precede quelle che diventeranno tendenze a livello nazionale. Nel bene e nel male Napoli stupisce sempre, anche quando fa di tutto per essere «normale».
anno: 2021
pag. 192
Negli ultimi anni Napoli ha vissuto una sorta di ipernarrazione, soprattutto cinematografica e letteraria, che ha ulteriormente arricchito un immaginario già molto sedimentato. Da sempre il pendolo oscilla come impazzito tra picchi e depressioni ed è difficile farsi un’idea, fare una media, immaginare una normalità napoletana, ammesso che esista. Qual è il bilancio di questa stagione, in cui Napoli è stata la città più filmata d’Italia? Dove cercare questa agognata normalità? Forse bisogna «salire» al Vomero, un quartiere considerato quasi estraneo alla città, proprio perché si suppone sia «normale», abitato da una media borghesia, omogeneo, appacificato?
Una realtà in contrasto con la vita sopra le righe del centro storico, attraversato da mille stratificazioni – architettoniche, storiche e sociali – eppure anche lì esiste una chiave di lettura alternativa: il centro, con la sua città sotterranea e la metropolitana dell’arte, come modello virtuoso di coabitazione tra antico e moderno e non solo come ennesima variazione di un eccezionalismo esotico. All’odissea di Bagnoli, che da trent’anni attende che prenda vita uno dei mille progetti di riqualifica della sua area industriale si contrappongono i campus all’avanguardia della ex Cirio a San Giovanni a Teduccio, che hanno una ricaduta positiva sul territorio, come è accaduto anche al settore cinematografico con le sue tante produzioni nei quartieri più difficili.
Un caso di grande successo è quello di Fanpage, che si è imposta come testata giornalistica altamente innovativa e rappresenta una Napoli che attrae talenti, invece di farseli sfuggire, che esporta modelli, che colonizza invece di essere colonizzata. Anche sul piano governativo, la «città-stato» e i suoi «sindaci monarchi» si presentano come un laboratorio politico che spesso precede quelle che diventeranno tendenze a livello nazionale. Nel bene e nel male Napoli stupisce sempre, anche quando fa di tutto per essere «normale».
anno: 2021
pag. 192
Negli ultimi anni Napoli ha vissuto una sorta di ipernarrazione, soprattutto cinematografica e letteraria, che ha ulteriormente arricchito un immaginario già molto sedimentato. Da sempre il pendolo oscilla come impazzito tra picchi e depressioni ed è difficile farsi un’idea, fare una media, immaginare una normalità napoletana, ammesso che esista. Qual è il bilancio di questa stagione, in cui Napoli è stata la città più filmata d’Italia? Dove cercare questa agognata normalità? Forse bisogna «salire» al Vomero, un quartiere considerato quasi estraneo alla città, proprio perché si suppone sia «normale», abitato da una media borghesia, omogeneo, appacificato?
Una realtà in contrasto con la vita sopra le righe del centro storico, attraversato da mille stratificazioni – architettoniche, storiche e sociali – eppure anche lì esiste una chiave di lettura alternativa: il centro, con la sua città sotterranea e la metropolitana dell’arte, come modello virtuoso di coabitazione tra antico e moderno e non solo come ennesima variazione di un eccezionalismo esotico. All’odissea di Bagnoli, che da trent’anni attende che prenda vita uno dei mille progetti di riqualifica della sua area industriale si contrappongono i campus all’avanguardia della ex Cirio a San Giovanni a Teduccio, che hanno una ricaduta positiva sul territorio, come è accaduto anche al settore cinematografico con le sue tante produzioni nei quartieri più difficili.
Un caso di grande successo è quello di Fanpage, che si è imposta come testata giornalistica altamente innovativa e rappresenta una Napoli che attrae talenti, invece di farseli sfuggire, che esporta modelli, che colonizza invece di essere colonizzata. Anche sul piano governativo, la «città-stato» e i suoi «sindaci monarchi» si presentano come un laboratorio politico che spesso precede quelle che diventeranno tendenze a livello nazionale. Nel bene e nel male Napoli stupisce sempre, anche quando fa di tutto per essere «normale».