The passenger. Svezia

19,50 €

autori: AA.VV
anno: 19,50
pag. 192

Tra i molti paesi che arrogano a sé un presunto eccezionalismo, forse nessuno se lo è meritato sul campo più della Svezia. Basta una rapida occhiata all’infografica a pagina 24 di questo volume per capire come uno degli aggettivi che meglio rappresenta questo popolo sia forse «estremo». Eppure, non è il primo tratto che si tende ad associarvi, almeno non fino all’esplosione del Covid-19 nel 2020, quando l’eccezione del «modello svedese» ha aperto i tg, intasato di commenti feroci i social network e scaldato le penne dei più noti opinionisti, rimanendo però in buona parte frainteso.
Senza entrare nel merito delle decisioni, questa accoglienza rimane sorprendente se si considera – basta grattare anche poco sotto la superficie – che il modello applicato è indissolubilmente legato ai valori e principi che hanno dato forma al «brand» più famoso del paese, quello che tutto il mondo pavlovianamente associa alla Svezia, e cioè il suo welfare «dalla culla alla tomba». Nelle pagine che seguono si è cercato di raccontarlo, esplorandone le radici profonde e le conseguenze inattese, con risultati che tendono a produrre nel lettore progressista da una parte la scontata adesione razionale, dall’altra – sorprendentemente – un certo disagio. Ed è forse il suo continuo flirtare con l’estremo il tratto più marcato del ritratto del paese che emerge dagli articoli e dai saggi di questo volume: una società che anela a spingersi con coraggio verso una modernità quasi postumana di giustizia, solidarietà ed emancipazione globali, ma il cui rigore etico a volte si impiglia in un moralismo retrogrado o il cui slancio idealista rischia di infrangersi contro gli scogli della realtà. 
Un caso, quest’ultimo, esemplarmente rappresentato dall’ascesa prepotente di un partito criptonazista come probabile conseguenza di una delle più generose politiche di accoglienza profughi che la storia ricordi, culminata nel 2015, quando la Svezia, un paese di dieci milioni di abitanti, ha accolto 160mila rifugiati in un solo anno, una cifra pro capite più alta che in qualsiasi altro paese europeo. Politica suicida per alcuni, degna di maggior onore per altri.

Quantità:
Aggiungi al carrello

autori: AA.VV
anno: 19,50
pag. 192

Tra i molti paesi che arrogano a sé un presunto eccezionalismo, forse nessuno se lo è meritato sul campo più della Svezia. Basta una rapida occhiata all’infografica a pagina 24 di questo volume per capire come uno degli aggettivi che meglio rappresenta questo popolo sia forse «estremo». Eppure, non è il primo tratto che si tende ad associarvi, almeno non fino all’esplosione del Covid-19 nel 2020, quando l’eccezione del «modello svedese» ha aperto i tg, intasato di commenti feroci i social network e scaldato le penne dei più noti opinionisti, rimanendo però in buona parte frainteso.
Senza entrare nel merito delle decisioni, questa accoglienza rimane sorprendente se si considera – basta grattare anche poco sotto la superficie – che il modello applicato è indissolubilmente legato ai valori e principi che hanno dato forma al «brand» più famoso del paese, quello che tutto il mondo pavlovianamente associa alla Svezia, e cioè il suo welfare «dalla culla alla tomba». Nelle pagine che seguono si è cercato di raccontarlo, esplorandone le radici profonde e le conseguenze inattese, con risultati che tendono a produrre nel lettore progressista da una parte la scontata adesione razionale, dall’altra – sorprendentemente – un certo disagio. Ed è forse il suo continuo flirtare con l’estremo il tratto più marcato del ritratto del paese che emerge dagli articoli e dai saggi di questo volume: una società che anela a spingersi con coraggio verso una modernità quasi postumana di giustizia, solidarietà ed emancipazione globali, ma il cui rigore etico a volte si impiglia in un moralismo retrogrado o il cui slancio idealista rischia di infrangersi contro gli scogli della realtà. 
Un caso, quest’ultimo, esemplarmente rappresentato dall’ascesa prepotente di un partito criptonazista come probabile conseguenza di una delle più generose politiche di accoglienza profughi che la storia ricordi, culminata nel 2015, quando la Svezia, un paese di dieci milioni di abitanti, ha accolto 160mila rifugiati in un solo anno, una cifra pro capite più alta che in qualsiasi altro paese europeo. Politica suicida per alcuni, degna di maggior onore per altri.

autori: AA.VV
anno: 19,50
pag. 192

Tra i molti paesi che arrogano a sé un presunto eccezionalismo, forse nessuno se lo è meritato sul campo più della Svezia. Basta una rapida occhiata all’infografica a pagina 24 di questo volume per capire come uno degli aggettivi che meglio rappresenta questo popolo sia forse «estremo». Eppure, non è il primo tratto che si tende ad associarvi, almeno non fino all’esplosione del Covid-19 nel 2020, quando l’eccezione del «modello svedese» ha aperto i tg, intasato di commenti feroci i social network e scaldato le penne dei più noti opinionisti, rimanendo però in buona parte frainteso.
Senza entrare nel merito delle decisioni, questa accoglienza rimane sorprendente se si considera – basta grattare anche poco sotto la superficie – che il modello applicato è indissolubilmente legato ai valori e principi che hanno dato forma al «brand» più famoso del paese, quello che tutto il mondo pavlovianamente associa alla Svezia, e cioè il suo welfare «dalla culla alla tomba». Nelle pagine che seguono si è cercato di raccontarlo, esplorandone le radici profonde e le conseguenze inattese, con risultati che tendono a produrre nel lettore progressista da una parte la scontata adesione razionale, dall’altra – sorprendentemente – un certo disagio. Ed è forse il suo continuo flirtare con l’estremo il tratto più marcato del ritratto del paese che emerge dagli articoli e dai saggi di questo volume: una società che anela a spingersi con coraggio verso una modernità quasi postumana di giustizia, solidarietà ed emancipazione globali, ma il cui rigore etico a volte si impiglia in un moralismo retrogrado o il cui slancio idealista rischia di infrangersi contro gli scogli della realtà. 
Un caso, quest’ultimo, esemplarmente rappresentato dall’ascesa prepotente di un partito criptonazista come probabile conseguenza di una delle più generose politiche di accoglienza profughi che la storia ricordi, culminata nel 2015, quando la Svezia, un paese di dieci milioni di abitanti, ha accolto 160mila rifugiati in un solo anno, una cifra pro capite più alta che in qualsiasi altro paese europeo. Politica suicida per alcuni, degna di maggior onore per altri.