STORIA DI MIA VITA
Autore: Janek Gorczyca
anno: 2024
pag. 152
La storia Janek, un polacco che vive a Roma da più di trent'anni, senza casa, senza documenti o un posto fisso di lavoro. Un'opera scritta direttamente in italiano con una lingua che travolge, crudissima, unica.
Tutto comincia nell'ottobre del 1998 e prosegue fino a oggi, in bilico tra vittorie e cadute, espedienti e fatica. Una vita sempre piena di speranza, di amicizia e d'amore, ma anche di violenza e oscurità. Janek è arrivato nel 1992, poteva andare in Finlandia ma ha scelto l'Italia e non è più ripartito. Non ha mai una casa fissa, dorme tra le strade di Roma ovunque sia possibile, edifici occupati, marciapiedi davanti ai negozi, cartoni stesi in terra sotto un balcone che ripara dalla pioggia. Si può definire Janek in molti modi, barbone, clochard, homeless, senza fissa dimora, vagabondo, ma è tutto e il contrario di tutto. Parla diverse lingue, è un ottimo fabbro e il lavoro non gli manca, ha una compagna, un cane, è giunto in Italia dopo essere stato in Afghanistan, aver vissuto la caduta dell'impero sovietico, le lotte per la nascita della nuova Polonia.
Racconta ogni cosa, Janek, in una lingua non sua, nell'italiano appreso in strada e tra la gente, affinato nelle trattative quotidiane, nelle schermaglie con le forze dell'ordine, nelle discussioni con i medici degli ospedali, nelle notti passate tra amici e nemici di ogni provenienza, accanto a cittadini che lo aiutano con affetto oppure lo considerano una minaccia per il decoro delle loro esistenze. La sua è una scrittura dal ritmo unico, che quasi mai abbellisce o edulcora i fatti. Sta sempre incollata alla verità, persino quando, per il dolore o la vergogna, sarebbe meglio smettere di raccontare. Janek vive a Roma attraversandola di continuo, instancabilmente, per andare al lavoro, per assistere una persona malata, chiedere un documento in questura, risolvere una situazione inattesa. Non sempre riesce a mangiare, spesso beve, ed è quanto basta. In ogni momento può scaturire la paura del fallimento, di un vicolo cieco da cui non c'è ritorno.
Quasi sempre uno scatto della volontà arriva in suo soccorso. Janek raramente ha un sentimento di delusione, di resa, di vittimismo. Lo spingono avanti la curiosità per il mondo, per gli altri esseri umani. A tratti la malinconia, l'inquietudine, sembra oscurare le sue giornate, ed emerge lo sgomento di scoprirsi capace di brutalità e di sopraffazione. «Qui lo dico chiaro, non sono un eroe, ma la vita per strada è piena di sorprese. Alla fine arriva il giorno del giudizio».
Autore: Janek Gorczyca
anno: 2024
pag. 152
La storia Janek, un polacco che vive a Roma da più di trent'anni, senza casa, senza documenti o un posto fisso di lavoro. Un'opera scritta direttamente in italiano con una lingua che travolge, crudissima, unica.
Tutto comincia nell'ottobre del 1998 e prosegue fino a oggi, in bilico tra vittorie e cadute, espedienti e fatica. Una vita sempre piena di speranza, di amicizia e d'amore, ma anche di violenza e oscurità. Janek è arrivato nel 1992, poteva andare in Finlandia ma ha scelto l'Italia e non è più ripartito. Non ha mai una casa fissa, dorme tra le strade di Roma ovunque sia possibile, edifici occupati, marciapiedi davanti ai negozi, cartoni stesi in terra sotto un balcone che ripara dalla pioggia. Si può definire Janek in molti modi, barbone, clochard, homeless, senza fissa dimora, vagabondo, ma è tutto e il contrario di tutto. Parla diverse lingue, è un ottimo fabbro e il lavoro non gli manca, ha una compagna, un cane, è giunto in Italia dopo essere stato in Afghanistan, aver vissuto la caduta dell'impero sovietico, le lotte per la nascita della nuova Polonia.
Racconta ogni cosa, Janek, in una lingua non sua, nell'italiano appreso in strada e tra la gente, affinato nelle trattative quotidiane, nelle schermaglie con le forze dell'ordine, nelle discussioni con i medici degli ospedali, nelle notti passate tra amici e nemici di ogni provenienza, accanto a cittadini che lo aiutano con affetto oppure lo considerano una minaccia per il decoro delle loro esistenze. La sua è una scrittura dal ritmo unico, che quasi mai abbellisce o edulcora i fatti. Sta sempre incollata alla verità, persino quando, per il dolore o la vergogna, sarebbe meglio smettere di raccontare. Janek vive a Roma attraversandola di continuo, instancabilmente, per andare al lavoro, per assistere una persona malata, chiedere un documento in questura, risolvere una situazione inattesa. Non sempre riesce a mangiare, spesso beve, ed è quanto basta. In ogni momento può scaturire la paura del fallimento, di un vicolo cieco da cui non c'è ritorno.
Quasi sempre uno scatto della volontà arriva in suo soccorso. Janek raramente ha un sentimento di delusione, di resa, di vittimismo. Lo spingono avanti la curiosità per il mondo, per gli altri esseri umani. A tratti la malinconia, l'inquietudine, sembra oscurare le sue giornate, ed emerge lo sgomento di scoprirsi capace di brutalità e di sopraffazione. «Qui lo dico chiaro, non sono un eroe, ma la vita per strada è piena di sorprese. Alla fine arriva il giorno del giudizio».
Autore: Janek Gorczyca
anno: 2024
pag. 152
La storia Janek, un polacco che vive a Roma da più di trent'anni, senza casa, senza documenti o un posto fisso di lavoro. Un'opera scritta direttamente in italiano con una lingua che travolge, crudissima, unica.
Tutto comincia nell'ottobre del 1998 e prosegue fino a oggi, in bilico tra vittorie e cadute, espedienti e fatica. Una vita sempre piena di speranza, di amicizia e d'amore, ma anche di violenza e oscurità. Janek è arrivato nel 1992, poteva andare in Finlandia ma ha scelto l'Italia e non è più ripartito. Non ha mai una casa fissa, dorme tra le strade di Roma ovunque sia possibile, edifici occupati, marciapiedi davanti ai negozi, cartoni stesi in terra sotto un balcone che ripara dalla pioggia. Si può definire Janek in molti modi, barbone, clochard, homeless, senza fissa dimora, vagabondo, ma è tutto e il contrario di tutto. Parla diverse lingue, è un ottimo fabbro e il lavoro non gli manca, ha una compagna, un cane, è giunto in Italia dopo essere stato in Afghanistan, aver vissuto la caduta dell'impero sovietico, le lotte per la nascita della nuova Polonia.
Racconta ogni cosa, Janek, in una lingua non sua, nell'italiano appreso in strada e tra la gente, affinato nelle trattative quotidiane, nelle schermaglie con le forze dell'ordine, nelle discussioni con i medici degli ospedali, nelle notti passate tra amici e nemici di ogni provenienza, accanto a cittadini che lo aiutano con affetto oppure lo considerano una minaccia per il decoro delle loro esistenze. La sua è una scrittura dal ritmo unico, che quasi mai abbellisce o edulcora i fatti. Sta sempre incollata alla verità, persino quando, per il dolore o la vergogna, sarebbe meglio smettere di raccontare. Janek vive a Roma attraversandola di continuo, instancabilmente, per andare al lavoro, per assistere una persona malata, chiedere un documento in questura, risolvere una situazione inattesa. Non sempre riesce a mangiare, spesso beve, ed è quanto basta. In ogni momento può scaturire la paura del fallimento, di un vicolo cieco da cui non c'è ritorno.
Quasi sempre uno scatto della volontà arriva in suo soccorso. Janek raramente ha un sentimento di delusione, di resa, di vittimismo. Lo spingono avanti la curiosità per il mondo, per gli altri esseri umani. A tratti la malinconia, l'inquietudine, sembra oscurare le sue giornate, ed emerge lo sgomento di scoprirsi capace di brutalità e di sopraffazione. «Qui lo dico chiaro, non sono un eroe, ma la vita per strada è piena di sorprese. Alla fine arriva il giorno del giudizio».